giovedì 13 settembre 2012

E' l'uomo che nobilita il lavoro, non il lavoro che nobilita l'uomo

<< Poco tempo fa ho fatto una grossa donazione ad un'organizzazione no-profit che ha la sua sede principale a Portland, Oregon, vicino casa mia. Il presidente di questa fondazione è stato così gentile da invitarmi a giocare una partita di golf con lui. Fissiamo l'appuntamento per la partita a poche settimane dalla nascita della nostra prima figlia, Lennon.
Proprio nel momento in cui stavo per colpire la mia prima pallina, il presidente mi chiese: "Allora, quando tua figlia sarà abbastanza grande...che cosa le dirai che fai nella vita?".
"In che senso?". Gli risposi io, un pò sorpreso.
"Beh, penso che non potrai dirle che come lavoro fai il giocatore di poker professionista," rispose lui ridacchiando. "Non potrai dirle che di professione fai il gambler".
La sua risposta mi prese alla sprovvista. Sembrava come se i miei "sporchi" soldi fossero abbastanza "puliti" per essere accettati come donazione dalla sua fondazione, ma "troppo sporchi" per poter dire a mia figlia come li avevo guadagnati.
Anche se l'immaginario collettivo intorno al poker è molto cambiato da quando ho iniziato a giocare, è inevitabile che la gente "storca il naso" quando dite che siete un giocatore di poker professionista. (Posso solo immaginare cosa deve essere stato per gente come Doyle Brunson o Chip Reese che sicuramnte hanno dovuto subire un vero e proprio "fuoco di fila" quando rispondevano alla domanda: "Che cosa fai per vivere?").
Grazie allo spettacolo offerto dalle World Series of Poker che praticamente va in onda senza sosta sulla ESPN, oggi il poker gode di una reputazione migliore. Ma malgrado questi passi in avanti, siamo ancora lontani dal grado di considerazione e rispetto che noi professionisti vorremmo che il poker raggiungesse.
Quando nel 2005 ho iniziato a giocare seriamente, praticamente ogni persona a cui confessavo cosa stessi facendo mi diceva che ero impazzito. Avevo letteralmente finito per odiare la domanda: "Che lavoro fai?". Normalmente rispondevo timidamente: "Che ci crediate o no, gioco a poker on-line. Si, lo so, è assurdo. Ma riesco perfettamente a pagarci le bollette".
Mi facevo "piccolo piccolo" mentre lo dicevo e dentro di me pregavo che la persona che mi aveva fatto la domanda non iniziasse a farmi la paternale. Ma molto presto ho capito che quell'atteggiamento remissivo e timido era esattamente il contrario di ciò che volevo dire a proposito del mio lavoro.
Il mio consiglio (come quello che vi ha già dato mia moglie) è di dire a voce alta e chiara (orgogliosamente) cosa fate. E' molto importante apparire sicuri di voi stessi. In fin dei conti, se non siete voi i primi a credere che si tratti di qualcosa di serio, come potete pretendere che lo pensino gli altri?
Se con un bel sorriso stampato in faccia, rispondete: "il mio lavoro è giocare a poker on-line, e per me è il miglior lavoro del mondo", le possibilità di ottenere credito e rispetto dal vostro interlocutore aumenteranno in maniera significativa. A quel punto piuttosto che diventare lo zimbello del gruppo sarete la persona più invidiata. D'altro canto la gente ammira enormemente lo spirito d'indipendenza che ci vuole per riuscire a "farcela da soli" e spesso si lamenta di essere stata poco intraprendente nella propria vita. Se parlate schiettamente ed evitate inutili timidezze, la gente apprezzerà la "particolarità" della strada che avete intrapreso.
Concludo questa prima sessione allo stesso modo in cui l'ho iniziata, ricordandovi che: è l'uomo che nobilita il lavoro, non il lavoro che nobilita l'uomo. >>


[Tratto da: Treat your poker like a business (Poker business -ita-) di Dusty Schmidt]

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